Diario personale - 16 maggio 1995

IL SENSO DELLA VITA

Qual è il senso della nostra esistenza? Perchè viviamo? Quale valore ha ogni istante che divide il passato dal futuro?
Ultimamente mi capita spesso di riflettere su simili interrogativi che paiono privi di qualsiasi risposta. E' la molteplicità del reale che mi induce a riconsiderare perchè esistono non una ma infinite storie umane; in altre parole, perchè io vivo, penso, mi comporto in un modo, e persone anche vicine a me mi sembrano estranee?
Ferma restando la mia volontà di non ricercare risposte a simili domande in ambito metafisico - religioso, bensì in ambito psicologico e umano, sono portato a concludere che la vita non ha un senso che si può portare alla luce.
Infatti, se apro gli occhi e guardo il mondo che mi circonda, vedo sofferenza, morte, dolore; tutto ciò che è irrazionale sembra schiacciare la razionalità che l'uomo tenta di dare alla sua realtà.
Se poi considero che questi mali sono provocato dall'uomo stesso, provo un profondo senso di impotenza e inutilità, ovvero la vita mi pare non poter servire a nulla.
Anche se cerco una fuga nella quotidianità della realtà, nei rapporti di semplice amicizia non trovo grande sollievo: il pensiero di accingermi ad abbandonare molte amicizie e conoscenze mi tormenta essenzialmente perchè anch'esso privo di senso: perchè infatti ho amato qualcuno, se poi senza ragione perderò quella persona?
Il risultato di tutto ciò è una profonda inquietudine che sale dalla coscienza nei momenti di calma e che riesco a vincere "distraendomi" (nel senso pascoliano del termine).
Ammettere che la vita sia puro caso non aiuta a superare questo stato di cose, dato che ormai ho piena coscienza del mio essere sospeso tra una realtà che vivo ed una realtà coscenziale cui aspiro. La sofferenza infatti è frutto della coscienza del non-senso della nostra esistenza.
Tuttavia una cosa è certa: la vita è nelle mani dell'uomo: io sono padrone della mia vita, anche se non riesco a coglierne il senso. Che fare di questa esistenza? Ecco che subentra il concetto di libertà coscienziale: io agisco secondo coscienza, ma il mio agire determina in qualche modo la coscienza stessa.
In altre parole la realtà psicologica che rappresento determina il mio modo di agire istante per istante, e l'azione è l'unico mezzo per affermare ciò che veramente penso di essere.
Penso di essere, poichè in realtà, oltre a non sapere il perchè della vita, non so neppure se sono: in altri termini sono nel senso di esistere come realtà fisica e psicologica, non sono nel senso di essere.
Noi non sappiamo ciò che siamo, ma sappiamo che esistiamo e pensiamo di essere una ben determinata realtà psicologica.
La libertà è libertà d'azione dunque: ciò implica, come osservò J. P. Sartre, che io debbo assumere piena responsabilità dell'azione, perchè essa è un elemento fondamentale nella lotta contro la vita.
Da ciò deriva l'assoluta necessità di strappare ogni secondo prezioso alla vita, ogni momento tra passato e futuro deve diventare un momento d'azione (engagement) teso ad affermare ciò che voglio essere.
Personalmente scelgo l'azione politica, l'impegno civile, il costante affinamento dei miei mezzi culturali, l'interesse scientifico, la lettura, come strumenti da opporre al non-senso della vita.